È ufficiale: Tesla e Panasonic due grandi aziende collaboreranno insieme per costruire un impianto per la produzione in grande di batterie destinate alle auto elettriche del costruttore americano e “al mercato dello stoccaggio statico”.
La fabbrica, voluta dal fondatore Elon Musk e battezzata “Gigafactory”, sarà negli Stati Uniti. Le due aziende si divideranno i ruoli e mentre la Panasonic costruirà le celle cilindriche agli ioni di litio (delle “pile” ottimizzate per uso automobilistico), la Tesla si occuperà di assemblarle in pacchetti di batterie adatti all’uso automobilistico.
Alla Panasonic toccheranno gli investimenti legati ai macchinari, mentre la Tesla fornirà il terreno e gli edifici e si occuperà della gestione dell’impianto.
La Gigafactory dovrebbe essere pronta in un paio d’anni e a regime si pensa produrrà 50 GWh di batterie all’anno entro il 2020, impiegando 6.500 persone alle sue dipendenze.
Sono numero enormi e daranno lavoro anche a tanta gente; per intenderci, le celle capaci di immagazzinare 50 GWh di energia sono sufficienti a realizzare le batterie di 600-800.000 auto Model S , mentre la produzione attuale della Tesla si conta con le decine di migliaia di auto vendute. Ma Musk si è sempre lamentato di non riuscire a produrre abbastanza: nella lettera agli investitori pubblicata ieri, Musk promette di superare le 35.000 auto vendute quest’anno e raggiungere un ritmo di 100.000 unità l’anno alla fine del 2015.
inoltre la casa californiana punta addirittura al mezzo milione di auto l’anno entro il 2020 con la lussuosa Model S ma non solo anche con altre auto elettriche infatti i programmi prevedono l’allargamento della gamma, con una Suv chiamata Model X, in attesa per la prossima primavera, e una berlina più compatta, la Model 3, che uscirà nel 2017, ad un prezzo più “popolare”: dovrebbe costare metà dell’ammiraglia Model S (dunque, negli Stati Uniti, circa 35.000 dollari).
Già oggi la Panasonic non fa solo stampanti, cartuce e panasonic toner bensì fornisce alla casa americana gli accumulatori prodotti nelle sue fabbriche giapponesi, ma la vicinanza al sito produttivo di Fremont in California e la Gigafactory dovrebbero permettere di contenere i prezzi delle batterie di circa il 30% a partire dal 2017, da quando l’impianto lavorerà a pieno regime.
“Non solo la Gigafactory garantirà il volume di batterie necessarie per la Model 3”, ha dichiarato JB Straubel, responsabile tecnico e co-fondatore della Tesla, “ma apre la strada ad una sensibile riduzione dei costi dello stoccaggio dell’energia in un vasto campo di applicazioni”.
Ed ora dato che la Panasonic sembra aver sposato in pieno la visione ottimista di Elon Musk , Yoshihiko Yamada, vice presidente esecutivo, ha detto che crede che “una volta in grado di produrre le batterie agli ioni di litio nella Gigafactory, saremo in grado di accelerare l’espansione del mercato dei veicoli elettrici”.
Invce sembra che Starndard & Poor’s saino scettici sulla fattibilità e ottimismo di questa visione che lo scorso maggio ha bollato l’azienda californiana con un rating “spazzatura” (B-) a causa delle sue piccole dimensioni rispetto agli altri costruttori e dei rischi connessi al tipo di business.
La fabbrica, voluta dal fondatore Elon Musk e battezzata “Gigafactory”, sarà negli Stati Uniti. Le due aziende si divideranno i ruoli e mentre la Panasonic costruirà le celle cilindriche agli ioni di litio (delle “pile” ottimizzate per uso automobilistico), la Tesla si occuperà di assemblarle in pacchetti di batterie adatti all’uso automobilistico.
Alla Panasonic toccheranno gli investimenti legati ai macchinari, mentre la Tesla fornirà il terreno e gli edifici e si occuperà della gestione dell’impianto.
La Gigafactory dovrebbe essere pronta in un paio d’anni e a regime si pensa produrrà 50 GWh di batterie all’anno entro il 2020, impiegando 6.500 persone alle sue dipendenze.
Sono numero enormi e daranno lavoro anche a tanta gente; per intenderci, le celle capaci di immagazzinare 50 GWh di energia sono sufficienti a realizzare le batterie di 600-800.000 auto Model S , mentre la produzione attuale della Tesla si conta con le decine di migliaia di auto vendute. Ma Musk si è sempre lamentato di non riuscire a produrre abbastanza: nella lettera agli investitori pubblicata ieri, Musk promette di superare le 35.000 auto vendute quest’anno e raggiungere un ritmo di 100.000 unità l’anno alla fine del 2015.
inoltre la casa californiana punta addirittura al mezzo milione di auto l’anno entro il 2020 con la lussuosa Model S ma non solo anche con altre auto elettriche infatti i programmi prevedono l’allargamento della gamma, con una Suv chiamata Model X, in attesa per la prossima primavera, e una berlina più compatta, la Model 3, che uscirà nel 2017, ad un prezzo più “popolare”: dovrebbe costare metà dell’ammiraglia Model S (dunque, negli Stati Uniti, circa 35.000 dollari).
Già oggi la Panasonic non fa solo stampanti, cartuce e panasonic toner bensì fornisce alla casa americana gli accumulatori prodotti nelle sue fabbriche giapponesi, ma la vicinanza al sito produttivo di Fremont in California e la Gigafactory dovrebbero permettere di contenere i prezzi delle batterie di circa il 30% a partire dal 2017, da quando l’impianto lavorerà a pieno regime.
“Non solo la Gigafactory garantirà il volume di batterie necessarie per la Model 3”, ha dichiarato JB Straubel, responsabile tecnico e co-fondatore della Tesla, “ma apre la strada ad una sensibile riduzione dei costi dello stoccaggio dell’energia in un vasto campo di applicazioni”.
Ed ora dato che la Panasonic sembra aver sposato in pieno la visione ottimista di Elon Musk , Yoshihiko Yamada, vice presidente esecutivo, ha detto che crede che “una volta in grado di produrre le batterie agli ioni di litio nella Gigafactory, saremo in grado di accelerare l’espansione del mercato dei veicoli elettrici”.
Invce sembra che Starndard & Poor’s saino scettici sulla fattibilità e ottimismo di questa visione che lo scorso maggio ha bollato l’azienda californiana con un rating “spazzatura” (B-) a causa delle sue piccole dimensioni rispetto agli altri costruttori e dei rischi connessi al tipo di business.